Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 ATTO SECONDO
 
 Grottesca.
 
 SCENA PRIMA
 
 FERNANDO e LUCINDA con guardie
 
 FERNANDO
 Tacer non giova o disperarsi. Il cielo
 ti ha tratta in mio poter.
 LUCINDA
                                               Ma tua non sono;
 né tua sarò. Cardenio ha la mia fede,
 Fernando ha l’odio mio.
 FERNANDO
385E reo de l’odio tuo perché son io?
 LUCINDA
 A Dorotea spergiuro,
 a Cardenio infedele,
 a Lucinda funesto,
 di che sei reo?
 FERNANDO
                              Colpe son queste? Eh! Tutte
390colpe usate e d’amore.
 LUCINDA
 Il tuo non dirlo amor, dillo furore.
 FERNANDO
 Siasi; e questo furor, qual per molt’acque
 gonfio torrente, me trasporta a questa
 necessità d’amarti.
 LUCINDA
395E me la tua perfidia a questa spinge
 necessità d’odiarti.
 FERNANDO
 Se perfido son io, tal per te sono.
 LUCINDA
 Che sì, ch’io avrò commessi i tuoi delitti?
 FERNANDO
 Tua beltà me gli ha imposti; io gli ho commessi.
 LUCINDA
400Ed io questa infelice
 beltà saprò punir, quand’ella possa
 nuovi e maggiori eccessi
 nel tuo core inspirar.
 FERNANDO
                                         Non avrai sempre
 finti veleni.
 LUCINDA
                         Mancheranno i finti?
405Ne avrò di veri. In lor difetto ancora
 avrò ferri, avrò lacci, avrò cent’altri
 instrumenti di morte,
 che il morir non può torsi a chi nol teme.
 FERNANDO
 Crudel! Se come amante
410io ti fossi nemico,
 che faresti di più per insultarmi?
 LUCINDA
 Se nemico mi fossi e non amante,
 che faresti di più per tormentarmi?
 FERNANDO
 La mia fiamma, o Lucinda,
415t’illustra e non ti offende.
 Io ti vo’ mia ma sposa;
 e la man, che ti porgo,
 ti fa grande, non vile. Il sangue mio
 ha una fonte real...
 LUCINDA
                                     Sposa a Fernando,
420lo so, sarei più illustre
 ma non più lieta. Chi ben ama ha tutta
 la sua fortuna ne l’oggetto amato;
 né ricerca di più. Cardenio solo
 val per me tutti i beni e tutti i regni.
425Signor, non più al tuo amore,
 parlo a la tua virtù. Lascia in riposo
 due cori amanti. Qual piacer può darti
 il vedermi infelice? E qual saria
 prova d’amor far la miseria mia?
 FERNANDO
430Con disprezzi e ripulse
 non si ottengono grazie;
 e col far pompa di un rivale amato
 non ben si vince un vilipeso amante.
 Va’, Lucinda, e se vuoi
435che in me trovino luogo i preghi tuoi,
 fa’ qualche sforzo per amarmi; anch’io
 qualche sforzo farò per non più amarti.
 E poi, chi sa? Messo in cimento amore,
 o a te consiglierà ciò che più giova
440o a me ciò che più lice.
 LUCINDA
 Ora...
 FERNANDO
              No, mi risponda
 Lucinda al nuovo giorno. A donna amante,
 messa in balia di scelta
 tra l’utile e l’amore,
445lungo è anche un giorno a far che cangi il core.
 LUCINDA
 
    Sì, questo core,
 che pena amando,
 si cangerà.
 
    Vuoi saper quando?
450Quando più il fiume
 tributo al mare
 non porterà.
 
    Quando il delfino
 tra fronde e fronde
455o quando il cervo
 tra le fals’onde
 si pascerà.
 
 SCENA II
 
 FERNANDO
 
 FERNANDO
 Voi le siate, o miei fidi, (Partono le guardie con Lucinda)
 custodia e scorta. Non è lieve impresa
460vincer donna ostinata.
 Pur non dispero. Alfine
 priva di libertà, sola ed inerme,
 che può sperar? Che non temer? Se sposa
 l’ottengo, o me beato!
465Ma Cardenio... Eh! Sua colpa
 è la mia infedeltà. Tutto a l’amico
 si può fidar, fuorché l’oggetto amato.
 Ma Dorotea?... Meschina!
 Mi fai qualche pietà. Pur ti consola
470con l’esempio di tante.
 O non si trova o a dito
 oggi si mostra un che sia fido amante.
 
    Fido amava un bell’oggetto;
 venne amore
475e un più bel me ne mostrò.
 
    Mi difesi, ebbi rimorso,
 chiamai fede in mio soccorso;
 ma costretto fu il mio core;
 e la fé ne sospirò.
 
 SCENA III
 
 DON CHISCIOTTE dalla grotta
 
 DON CHISCIOTTE
480Orlando mi perdoni. È troppo impegno
 il voler imitarlo.
 Già dal lungo cozzar con sassi e piante,
 rotto mi trovo in più d’un luogo il capo
 a onor di Dulcinea. Più facil credo
485di Beltenebro il genio. Ei che facea?
 Digiunava; io digiuno;
 ed in prova di ciò sento che ho fame.
 Io fame? No, l’onor nol soffre. In quanti
 volumi abbiam di noi, mai non fu scritto
490che avesser fame i cavalieri erranti.
 Mesto egli era; io son mesto; in flebil suono
 cantò sovente; e tal cantar io voglio.
 Egli naturalmente al parer mio
 voce avea di tenore.
495E grazie al ciel, l’ho di tenore anch’io.
 
    Le mie pene a Dulcinea,
 ch’è mia dea, con Sancio andate,
 aure amate, a raccontar.
 
    Tosto andante e dite a quella
500che per pompa di cordoglio
 questa chioma così bella
 più non voglio pettinar.
 
    Che la trista mia figura
 fa paura anch’a me stesso,
505quando appresso a un qualche fonte
 vo’ la fronte rinfrescar.
 
    E per fin de’ mali miei
 dite a lei che in queste grotte
 don Chisciotte sta morendo,
510non sapendo altro che far.
 
 SCENA IV
 
 SANCIO e DON CHISCIOTTE
 
 DON CHISCIOTTE
 (Sancio?) E che? Non andasti? Io qui ti veggio?
 SANCIO
 Mi vedi qui, perché tornato io sono.
 DON CHISCIOTTE
 Sessanta leghe in men di un’ora? Iniquo!
 SANCIO
 Piano; mi crederai,
515quando dirò con qual vettura andrai.
 DON CHISCIOTTE
 Parla.
 SANCIO
              Partito appena,
 mi sento dir né so da chi: «Trattienti,
 scudiero e imbasciator del più famoso
 errante cavalier che intorno vada».
 DON CHISCIOTTE
520(Principio a dargli fede).
 SANCIO
 E poi: «Tu che ten vai
 a la maggior beltà che il mondo onori...»
 DON CHISCIOTTE
 (Un qualche mago). Ora ti credo. Segui.
 SANCIO
 «Per servir presto a don Chisciotte il grande,
525monta questo destrier». Guardo; e mi veggo
 scender dal ciel volando e tutto bianco...
 DON CHISCIOTTE
 Che? Forse l’ippogriffo?
 SANCIO
 Un cavallo che avea
 la briglia di diamante e l’ali al fianco.
 DON CHISCIOTTE
530L’ippogriffo d’Astolfo.
 SANCIO
                                           In quel momento
 mi sento alzar; mi trovo in sella; e ratto
 giungo al Toboso e a Dulcinea; le parlo;
 n’odo i comandi; e sul cavallo istesso
 a te ritorno e per l’istessa strada.
 DON CHISCIOTTE
535Gran destrier!
 SANCIO
                              Bravo assai; ma più lo stimo,
 perché a lui non occorre o paglia o biada.
 DON CHISCIOTTE
 Sancio or mi crederà. Questa è finezza
 di un mago a me cortese ed è ventura
 ne la cavalleria spesso arrivata.
 SANCIO
540Non mi oppongo mai più. (Gliel’ho piantata).
 DON CHISCIOTTE
 Or che facea la bella?
 SANCIO
 Stavasi affaccendata
 DON CHISCIOTTE
 Sì, forse in ricamar qualche divisa?
 SANCIO
 No, a rimondar formento.
 DON CHISCIOTTE
545Uh! Sciocco. In man di lei tutt’eran perle.
 Vedesti la sua corte?
 SANCIO
 Benissimo. Quattr’oche e sei galline.
 DON CHISCIOTTE
 Tutte sue damigelle.
 SANCIO
 Poi tre capre e un agnel, salvo ogni errore.
 DON CHISCIOTTE
550Le tre grazie eran quelle e questo Amore.
 Ma dimmi, ebbe il mio foglio?
 Lo lesse? Lo baciò? Che fe’? Che disse?
 SANCIO
 Come averlo potea? L’originale
 nel libro a te rimase.
 DON CHISCIOTTE
555È vero. O che sciagura! O qual errore! (Si trova dentro uno stivale il libro)
 SANCIO
 Datti pace, o signore. Al maniscalco
 un altro di mia testa io ne dettai.
 Vi posi la soprana, la salute,
 l’infermità, poscia lo «spiro e spero»;
560e conchiudeva infine
 «de la trista figura il cavaliero».
 DON CHISCIOTTE
 Viva Sancio! Di me che le dicesti? (Don Chisciotte abbraccia Sancio)
 SANCIO
 La verità, che per sua amor sei pazzo.
 DON CHISCIOTTE
 Mostrò dolor? N’ebbe pietà l’ingrata?
 SANCIO
565Ridea da forsennata.
 Poi disse: «Va’. Non leggo e non rispondo,
 perché non so. Di’ al tuo signore e mio
 che di tante sue grazie io mi vergogno
 ma che tosto a me venga,
570perché di parlar seco ho un gran bisogno».
 DON CHISCIOTTE
 Bisogno? Andar convien.
 SANCIO
                                                Lope, il tuo amico,
 che meco venne al grippogrippo in groppa,
 fia testimon di tutto.
 DON CHISCIOTTE
 Lope? Ho sommo piacer di sua venuta.
 SANCIO
575Egli appunto a te vien. Se l’ha beuta. (A Lope)
 
 SCENA V
 
 LOPE e li suddetti
 
 DON CHISCIOTTE
 Lope in Sierra Morena?
 LOPE
 Per riveder nel più gentile amico
 anche il più valoroso.
 DON CHISCIOTTE
 Che? Giunse a voi de le mie gesta il grido?
 LOPE
580E dove mai non giunse? Ebbra è di gioia
 la Mancia tutta; e Dulcinea, tua dama,
 vaga di tue prodezze, a sé ti chiama.
 DON CHISCIOTTE
 Andiam. Recami l’armi; e Rozzinante, (A Sancio)
 il mio destrier fedele,
585si disponga a marciar di buon galoppo.
 SANCIO
 Io me ne rido. Egli è spallato e zoppo. (Sancio parte)
 DON CHISCIOTTE
 Or chiamerai fole e pazzie le istorie
 de la cavalleria?
 LOPE
                                No. L’opre tue
 e l’alato destrier, che a te mi trasse,
590provan che tutto è ver. Perdon ti chieggo.
 DON CHISCIOTTE
 Non parliam più di ciò. Sol ben ti guarda
 dal non più profanar con empie risa
 la dignità de’ cavalieri erranti.
 LOPE
 Quei che ridon di lor sono ignoranti.
 
595   Il chiamar una follia
 quel valor, che non s’intende,
 è un pensier ch’è poco saggio.
 
    Tal del cieco è la pazzia,
 se del sol, ch’ei non comprende,
600nega il lume e taccia il raggio.
 
 SCENA VI
 
 DOROTEA con seguito, CARDENIO vestito nobilmente, ORDOGNO con barba posticcia e li suddetti; e poi SANCIO
 
 DOROTEA
 Ah! Signor, pur ti trovo e a le tue piante... (Dorotea s’inginocchia)
 DON CHISCIOTTE
 Sorgi, o bella.
 DOROTEA
                            No no, quest’atto umile
 dessi da un’infelice a un don Chisciotte.
 DON CHISCIOTTE
 O sorgi o quindi io parto.
 DOROTEA
605Non mi alzerò, se pria tu non mi giuri
 un favor ch’è tua gloria e mio conforto.
 DON CHISCIOTTE
 (Mia gloria e suo conforto?) Ov’ei non tocchi
 il mio re, la mia patria e quella fede
 che a Dulcinea giurai, sperar tu ’l puoi.
 SANCIO
610Ecco l’armi. Ma che? Qual gente è questa? (Sancio porta le armi a don Chisciotte)
 DOROTEA
 Non arrivan tant’oltre i voti miei.
 DON CHISCIOTTE
 Tel prometto e tel giuro. Or sorgi e parla. (Porge la mano a Dorotea)
 LOPE
 Ti sei ben trasformato. (Ad Ordogno)
 ORDOGNO
 Così meglio ei s’inganni. (A Lope)
 DOROTEA
615Pria che parli, concedi
 ch’io baci quella man ch’è mia speranza. (Dorotea si sforza per baciar la mano a don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
 (Dulcinea, qui mi assisti). Un cavaliero (Don Chisciotte non lo permette)
 nol dee soffrir. (Ah! Dulcinea). Non posso.
 CARDENIO
 Signor, l’uso il permette. Egli è un omaggio
620che si rende al valor di nobil destra.
 ORDOGNO
 Né manchi a cortesia, se a lei compiaci.
 DON CHISCIOTTE
 Dimmi, chi son costoro? (A Dorotea)
 DOROTEA
 Questi è scudiero mio. (Accennando Cardenio)
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, osservalo bene. (A Sancio sottovoce)
 SANCIO
625A fé, del nostro pazzo egli ha il sembiante. (A don Chisciotte sottovoce)
 DOROTEA
 Quegli d’aio mi serve. (Accennando Ordogno)
 DON CHISCIOTTE
                                            E tu chi sei? (A Dorotea)
 SANCIO
 Se ha lo scudier, sarà una dama errante. (A don Chisciotte)
 LOPE
 Udiam come risponda.
 ORDOGNO
 (Freno a gran pena entro le labbra il riso).
 DOROTEA
630Chi son io? La più misera donzella (Sempre guardando amorosamente don Chisciotte)
 che vegga mai, sorga o tramonti, il sole.
 Me fuor del patrio nido
 spinse un crudo ladron; ma contra l’onte
 del mio destin, mi diè coraggio e lena
635il tuo nome, il tuo braccio e quella fama
 che di te, vincitor di rei giganti,
 di te, vendicator d’ingiurie e torti,
 di te, riparator d’offese e danni,
 sin de l’orbe ai confini oggi risuona.
640Io son, di me pietà gentil ti muova,
 io sono, a me presta soccorso, io sono
 la vergine real Micomicona.
 DON CHISCIOTTE
 Real? Deh! Mi perdona. E tu, che sei (Afferra con isdegno la barba di Ordogno)
 aio e scorta di lei, non prevenirmi?
 ORDOGNO
645Fermati. Aimè! Mi son caduti i denti. (Gli cade la barba dal mento)
 LOPE
 Presto, ch’ei nol ravvisi. (A Cardenio)
 DON CHISCIOTTE
 Ma che? Questa è la barba; (Don Chisciotte raccoglie la barba di Ordogno e poi la porge a Cardenio)
 ma i denti e le ganasce io non ci trovo.
 CARDENIO
 Vieni. Siedi. Io ’l risano in un momento. (Fa seder Ordogno e gliela lega)
650Abra, dabra, cadabra. O gran segreto!
 DOROTEA
 Ingegnoso è Cardenio. (A Lope)
 LOPE
 Ben sostenne la frode. (A Dorotea)
 DON CHISCIOTTE
 Sì presto egli è guarito? A me tu insegna (A Cardenio)
 le possenti parole. In qualche impresa,
655ove tronco mi fosse o un braccio o il collo,
 utili mi saranno. Or di’, che brami?
 DOROTEA
 Che tu sia meco, ov’io n’ho d’uopo, un empio
 nemico mio tu metta a morte; e pria
 che nel regno natio tu me non vegga,
660non si volga quel braccio ad altra impresa.
 DON CHISCIOTTE
 Farò quanto mi chiede
 la mia cavalleria, la mia coscienza
 e ’l mio dovere. Io già son tuo campione.
 Ma di’, qual è il tuo regno?
 DOROTEA
665Non mel ricordo più. (A Cardenio sottovoce)
 CARDENIO
                                          Micomicone.
 DOROTEA
 Ben tu facesti in dirlo. (A Cardenio) Alor ch’io penso (A don Chisciotte)
 a’ mali miei, perdo memoria e voce.
 DON CHISCIOTTE
 Spera. Micomicone? Ove sta posto?
 DOROTEA
 Oltre l’isola immensa
670ch’Eclittica si chiama.
 DON CHISCIOTTE
                                           Isola, o bella,
 l’eclittica non è. Tu prendi errore.
 ORDOGNO
 Eh! Dir volea che per andarvi è d’uopo
 oltrepassar la linea equinoziale.
 DON CHISCIOTTE
 Ora intendo. Su, l’armi. (A Sancio) E chi dal soglio (A Dorotea)
675ti balzò sì empiamente?
 DOROTEA
 Un vile cavalier, mago e gigante,
 che al vedermi donzella, orfana e sola, (Sancio va armando don Chisciotte)
 me l’usurpò.
 DON CHISCIOTTE
                          Cadrà l’iniquo. Il nome?
 DOROTEA
 Panda... (Si volta verso Cardenio)
 CARDENIO
                   Filando da la fosca vista.
 DON CHISCIOTTE
680Avrà... Venga l’usbergo. (A Sancio) Avrà che fare (A Dorotea)
 col cavalier de la figura trista.
 CARDENIO
 È terribile assai.
 DON CHISCIOTTE
                                 Fosse Nembrotte,
 io te l’ucciderò. Son don Chisciotte.
 DOROTEA
 Soffri, signor, ch’io stessa... (Dorotea per aiutare ad armarlo)
 DON CHISCIOTTE
685No no, troppo mi onori. (Ah, Dulcinea!)
 DOROTEA
 Almen da me prendi il tuo brando. O dio! (Dorotea porge la spada a don Chisciotte sospirando)
 DON CHISCIOTTE
 Venga; e venga in tuo pro.
 DOROTEA
                                                  Per guiderdone
 del beneficio illustre offro il mio regno.
 DON CHISCIOTTE
 (Voglio sol Dulcinea).
 DOROTEA
                                          Nulla rispondi?
 DON CHISCIOTTE
690Non cerco che l’onor. Sol per alora
 Sancio ti raccomando, il mio scudiero.
 SANCIO
 Sira, nel tuo paese (Sancio si prostra a’ piedi di Dorotea)
 ti dimando un governo e già l’aspetto.
 DOROTEA
 Su la regia mia fede io tel prometto.
 DON CHISCIOTTE
695Andiam.
 DOROTEA
                    L’elmo ti manca.
 DON CHISCIOTTE
 Io lo perdei pugnando; e alor giurai
 di non portarne più, finch’io non abbia
 quel di Mambrino. Andiamo.
 DOROTEA
 Fu provvido il destin. Così rassembri
700Marte a quell’armi e a quel bel volto Amore.
 DON CHISCIOTTE
 (Io son di Dulcinea). Ma donde vassi
 verso Micomicone?
 ORDOGNO
 Sieguimi. Io ti precedo. (Ordogno parte)
 DON CHISCIOTTE
 Che? Si passa la Mancia?
 ORDOGNO
                                                 Ed il Toboso.
 DON CHISCIOTTE
705Là vedrò Dulcinea. De la grand’opra
 l’oracolo e gli auspici
 io da lei prenderò, come mia dea.
 DOROTEA
 Quanto, quanto ti debbo, o don Chisciotte!
 Quanto, quanto t’invidio, o Dulcinea!
 
710   So che dal tuo valor
 il regno aver potrò;
 ma so che perderò
 del cor la libertà per quel sembiante.
 
 DON CHISCIOTTE
 
 Solo per Dulcinea mi sento amante.
 
 DOROTEA
 
715   E gloria tua maggior
 sarà il farmi regnar,
 per poscia trionfar
 con la tua crudeltà d’un cor regnante.
 
 DON CHISCIOTTE
 
 Solo per Dulcinea mi sento amante.
 
 SCENA VII
 
 CARDENIO, LOPE e SANCIO
 
 LOPE
720Si celi a Sancio il ver. Tema o interesse
 potrian tradirci.
 CARDENIO
                                 Il tuo pensiero è ’l mio.
 SANCIO
 Lope, da galantuom, credi tu vero
 che regina ella sia?
 CARDENIO
 Tale a te non la mostra e l’aria e ’l tratto? (In atto sdegnoso)
 SANCIO
725(Più che lo guardo, ei più mi sembra il matto). (Fugge da Cardenio e va verso Lope)
 A la regia sua fé creder poss’io?
 CARDENIO
 Fuggi da me? Se’ stolto. (A Sancio)
 SANCIO
 Io non ho simpatia con il tuo volto. (A Cardenio)
 LOPE
 Ella è regina. Or credo veri i casi
730de’ cavalieri erranti; e don Chisciotte
 re di Micomicon veder già parmi.
 SANCIO
 E me governator.
 LOPE
                                   Chi può temerne?
 SANCIO
 Orsù, se questo è vero,
 tienti i tuoi campi. Il mio governo io voglio.
 LOPE
735Hai ragion. Sancio, addio. (Lope parte)
 CARDENIO
 (Ahi! Lucinda, cor mio).
 SANCIO
 Dimmi, quando arrivasti in questi monti?
 CARDENIO
 Quando la mia regina. E perché il chiedi?
 SANCIO
 Tel dirò Certi pugni... (Sancio guarda attentamente Cardenio che con disprezzo lo lascia)
 CARDENIO
                                           Io non t’intendo.
740Mia Lucinda, ove sei? Poiché mi è nota
 la stabile tua fé, de’ miei contenti
 ancor mi sembra il bel sentiero aperto.
 SANCIO
 (Se non è il nostro, è un altro pazzo al certo).
 CARDENIO
 
    Con la fé del bel che si ama,
745si rinforza la speranza.
 
    E men fiero alor si chiama
 il martir di lontananza.
 
 SCENA VIII
 
 SANCIO e poi MARITORNE
 
 SANCIO
 O che scudier! Né men mi disse addio.
 Or vadasi al padron; ma de l’albergo,
750già tanto a me fatale,
 non è questa la serva? Ella è purtroppo.
 MARITORNE
 Sancio? Quel pur sei tu? Che fai? Stai bene?
 SANCIO
 Io stava ben; ma adesso
 incomincio a star mal.
 MARITORNE
                                           Perché? Rispondi.
 SANCIO
755Perché mi trovo a Maritorne appresso.
 MARITORNE
 Sempre sul motteggiar. Vengo dal monte,
 dove ho colto quest’erbe. Or torno a casa;
 e ti chiedo il favor d’accompagnarmi.
 SANCIO
 De’ fatti tuoi saper non vo’. Se vai,
760mi fai sommo piacer; ma accompagnarti?
 Non lo farò giammai.
 MARITORNE
 Perché? Meco e colà trovar potresti,
 come errante scudier, qualche ventura.
 SANCIO
 No no, colà, ben mel ricordo, e teco,
765per mia disgrazia, io n’ho trovato assai.
 MARITORNE
 E di che puoi lagnarti?
 Sa il ciel...
 SANCIO
                      E con il ciel Sancio ben sallo.
 MARITORNE
 Ma pur, che dir vorrai?
 SANCIO
 Io tel dirò. Da un mulattier geloso,
770per tua cagion, fui bastonato in fallo.
 MARITORNE
 Né a trovarmi verrai?
 SANCIO
                                           No certamente.
 MARITORNE
 Ma quando io ti pregassi,
 mi negheresti ancor questo piacere?
 SANCIO
 Alor risponderei: «Il mulattiere».
 MARITORNE
775Da scudiero gentile atto cortese
 giammai non fu negato al sesso imbelle.
 SANCIO
 Non dispensa favori
 l’errante scuderia che a le donzelle.
 MARITORNE
 E donzella son io. Belle maniere!
 SANCIO
780Anche a questo rispondo: «Il mulattiere».
 MARITORNE
 Deh! Non partir sì presto.
 SANCIO
 Vado a Micomicone e al mio governo.
 MARITORNE
 Maritorne da te tal si abbandona?
 SANCIO
 Mi aspetta la real Micomicona.
 MARITORNE
785Micomicona?
 SANCIO
                            Orsù, mi lascia. Addio.
 MARITORNE
 A me, che t’amo tanto,
 così crude risposte e così altere?
 SANCIO
 Io son governator, non mulattiere.
 A DUE
 MARITORNE
 
    Va’ pure in buonora
790ma, mentre ch’io peno,
 ricordati almeno
 talvolta di me.
 
 SANCIO
 
    Ricordomi ognora
 con mio dispiacere
795del tuo mulattiere
 e ancora di te.
 
 MARITORNE
 
    Odimi; villan più sordido,
 villan più ruvido, villan più critico,
 villan più rustico, più detestabile,
800più bastonabile mai non vi fu.
 
 SANCIO
 
    Sentimi; più falsa femmina,
 più astuta femmina, più doppia femmina,
 più ardita femmina, più insopportabile,
 più staffilabile mai non vi fu.
 
 MARITORNE
 
805   Mostrar ben potresti
 col sesso gentile
 umor più civile
 e men di livor.
 
 SANCIO
 
    So quel che vorresti;
810ma son Sancio Panza
 ed uso creanza
 con gente d’onor.
 
 MARITORNE
 
    Fermati. Balordo buffalo,
 scudier ridicolo, vivo sproposito,
815il vero epilogo, la vera immagine
 de la goffaggine per me sei tu.
 
 SANCIO
 
    Lasciami. Razza di zingani,
 ciera di piccara, mulatta perfida,
 donzella equivoca, la vera immagine
820di sfacciataggine per me sei tu.
 
 Fine dell’atto secondo